Stai con me? È la domanda di vita che accompagna il cammino associativo dei bambini e ragazzi dell’Acr. Una domanda che interpella anzitutto gli educatori stessi che sperimentano la fatica e la fragilità che, in questo periodo storico, mettono a dura prova la stabilità delle relazioni – che sono passate da abbracci, sguardi, programmazioni e riflessioni intorno ad un tavolo colmo di prelibatezze da condividere – a tentativi di strutturare proposte formative che rendano meno “pesante” la mediazione di uno schermo per messaggi o videochiamate.
Stai con me? È la domanda che muove la testa e il cuore di un educatore Acr. Come fare per esserci anche e soprattutto in questo tempo?
Vogliamo esserci! È la risposta che tutta l’Ac, in maniera quasi spontanea, sta dando alle associazioni parrocchiali, ai gruppi e ai singoli soci, dal più piccolo al più grande.
Vogliamo esserci! È la risposta che si è alzata unanime domenica 19 Aprile, quando, nella ridente località di Cisco Webex Meeting si sono dati appuntamento i responsabili Acr delle parrocchie della Diocesi, sfidando limiti di connessione e di dispositivi, per formarsi, confrontarsi, riflettere e soprattutto per dire “vogliamo esserci”. È stato chiaro fin da subito che non si poteva – e non si può – ‘’abbandonare il timone’’, perché, se è vero che il servizio educativo è anzitutto “ascolto della vita” di chi ci è affidato allora la nostra presenza (declinata attraverso messaggi, telefonate, videochiamate) è la risposta più semplice ma anche più significativa alla missione educativa.
Missione che in questo tempo richiede un maggior impegno perché occorre reinventarsi e adattarsi a quelle che sono le tecnologie a disposizione e che diventano i mezzi attraverso i quali poter custodire e far crescere il legame con i bambini e ragazzi. Sfide che interessano tutte le fasce d’età: dagli impavidi e aggiornatissimi 12/14, passando per i 9/11 che neppure si sono tirati indietro, fino alla difficoltà di arrivare alle fasce più piccole 4/5 e 6/8, ed ecco che sono arrivati in soccorso le famiglie.
Infatti, tutti i responsabili Acr invitati a riflettere sulle difficoltà ma soprattutto sulla “bellezza” del servizio 2.0 hanno evidenziato alcuni punti che rappresentano anche “la base” da cui ripartire:
- Legami e sinergie con le famiglie (che forse, più di noi, avvertono il peso ma anche la responsabilità di accompagnare i propri figli nello studio così come nei cammini di fede) incrementati da una telefonata che, partendo magari da un invito a vivere insieme qualche attività domestica è stata l’occasione per scambiare preoccupazioni e speranze, difficoltà e possibilità di aiuti concreti per sentirsi comunità in questo tempo.
- Legami e sinergie tra educatori Acr e catechisti che, diciamo la verità, spesso faticano a guardare insieme il medesimo orizzonte.
- Legami e sinergie con i gli assistenti, dai più giovani che stanno in prima linea e portano avanti la pastorale 2.0, a quelli più anziani a cui pure siamo riusciti a “strappare” un video, un messaggio audio, segno di una paternità che va oltre le difficoltà di un momento.
- Volontà di far sentire i bambini e ragazzi protagonisti del loro cammino di fede anche nelle circostanze attuali, educandoli e spronandoli a vivere con impegno la vita familiare.
- Attenzione particolare ai più piccoli e ai ragazzi affetti da disabilità. Certo per loro è più difficile assicurare una presenza “mediata” dalla tecnologia, ma gli educatori, anche in questi casi, non si sono arresi e con tanta creatività si sono fatti vicini.
- Riscoperta dell’importanza e della bellezza della preghiera in famiglia.
- Necessità di sentirsi parte di una comunità per poter sperimentare la certezza di non essere da soli a vivere paure, difficoltà ma soprattutto speranze.
- Possibilità, anche per i più timidi o introversi, di condividere pensieri, foto, “lavoretti”.
Una base appunto, da cementificare e sulla quale ancora costruire, tassello su tassello. E anche l’intensità del periodo quaresimale e della Settimana Santa ci ha, in qualche modo, rincuorati dalla “paura” che dietro ad uno schermo si potesse smarrire anche l’esperienza di fede. Ma, con grande gioia, ci siamo ricreduti: tanti sono i riscontri positivi arrivati dalle parrocchie.
Sta emergendo quanto di bello c’è alla base del servizio educativo, le motivazioni e la “vocazione” che lo rendono un servizio semmai ancora più appassionato. In ogni educatore, dal più giovane a l più adulto, c’è la voglia, l’entusiasmo di chi vuole mettersi in gioco per non far sentire i ragazzi ‘’soli’’. Ognuno si fa presenza, per quanto possibile, all’altro.
Anche l’appuntamento formativo con i responsabili è un segnale forte e bello che dice il desiderio di voler vivere il servizio senza risparmiarsi.
Lo sapevamo, ma quotidianamente, continuiamo ad imparare che nessuno – e soprattutto un educatore – può camminare solo. Mai come ora è fondamentale il lavoro di squadra, la collaborazione, il “pensare insieme”. È questa la risposta alla domanda di vita. Vogliamo esserci!
Michele e Marianna