“È un mercoledì sera, gli educatori della parrocchia hanno organizzato un incontro di programmazione, l’appuntamento è alle 21, ma alle 20:50 c’è solo “la precisa”. Lei ci tiene al rispetto degli orari, al fatto che tutti gli educatori arrivino muniti di guida e sussidi, sottolineando sempre il ritardo degli altri e il sacrificio che tutti fanno per ritagliarsi il tempo per incontrarsi; se dovessimo abbinare un gusto a questa educatrice, sarebbe “croccante”, rigida, inizialmente buona, ma dopo un poco rischia di stancare. Alle 21:10 finalmente arriva “l’educatrice iper-responsabile”, sempre di corsa, con l’agenda settimanale ricca di appuntamenti, sempre presente alle attività che si organizzano in parrocchia, ma nonostante questo lei sorride ed è felice fino a quando non si scontra con “l’educatore che ha una vita” e “la precisa”; lei è un’educatrice “fritta”, perché i cibi fritti, quando sono appena sfornati, sono buonissimi, il giorno successivo invece sono immangiabili. Il gruppo educatori è quasi al completo ormai, ma mancano “l’educatore tifoso” e “l’educatore che ha una vita”, che arrivano alle 21:30, approfittando della fine del primo tempo della partita. “L’educatore che ha una vita spesso lascia il servizio perché studia, lavora o si è fidanzato, come se il vivere appieno la vita fosse un ostacolo nel servizio educativo non cercando di rimodulare il proprio servizio tenendo presente il cambiamento di condizioni di vita. Questi due educatori potrebbero essere associati all’acido, che contrariamente a quello che si pensa, è un elemento fondamentale nel bilanciamento di un piatto; quando invece è eccessivo, vuol dire che il cibo è andato a male.”
Grazie a questa simpatica descrizione, Luca Marcelli, responsabile nazionale ACR, domenica 24 marzo, all’incontro di formazione per educatori ACR, ha voluto farci riflettere sulle modalità con cui ognuno di noi svolge il proprio servizio educativo; sicuramente ciascuno rivede in sé alcuni dei tratti degli educatori stereotipati, la cosa fondamentale però che ci ha invitato a fare Luca è cercare il giusto equilibrio. Non esiste una ricetta perfetta per farlo, la cosa importante è riuscire a riconoscere quali sono gli elementi essenziali, di cui nessun educatore può fare a meno. L’educatore è una persona impastata, ha una vita nella quale si colloca il servizio educativo, che non è una parentesi, un luogo in cui rifugiarsi o mettersi in evidenza; l’educatore deve guardare al mondo come un posto in cui è chiara la presenza del Signore, per lui la vita deve essere “un impasto da salare”. L’educatore ancora è una persona che guarda i ragazzi che gli sono stati affidati con gioia, con amore. L’educatore è un testimone della propria fede, si chiede sempre cosa riesce a rendere piena di sapore la propria vita e una volta presa consapevolezza del fatto che è il Signore il sale della propria vita ognuno deve sapersi decentrare, deve mettersi in ascolto non solo della propria vita ma anche di quella dei ragazzi, fare spazio alla comunità e all’associazione di cui si fa parte, la parte dolce e morbida del proprio servizio educativo. Il rischio che è dietro l’angolo è quello di trasformare l’associazione in un’agenzia di servizi, in cui conta raggiungere un risultato o offrire un prodotto e perdere di vista il ruolo fondamentale dell’associazione come comunità di fratelli. Ad animare e rendere viva la testimonianza di un educatore non può essere solo il senso del dovere, o la sola forza della volontà ma deve essere il desiderio, la voglia di crescere insieme agli altri, di camminare con la propria comunità cristiana, che nasce nel momento in cui si è sperimentata la bellezza dell’associazione e della chiesa di cui non si può più fare a meno. Un educatore per essere un buon testimone ed esaltare il sapore della vita associativa deve essere credibile, deve saper essere una presenza significativa nella vita dei più piccoli, deve saper annullare le distanze. L’educatore non è un supereroe, una persona che conosce la ricetta perfetta, anzi, può essere definito come un discepolo missionario che si mette al servizio della vita e guarda con compassione le proprie fragilità e i propri limiti e non cerca di nasconderli. Il servizio educativo per essere vero, autentico e portare frutto deve basarsi sull’ecologia delle motivazioni e deve esercitarsi sempre attraverso un noi, non si è mai da soli, bisogna cercare di fare rete con le altre agenzie educative presenti nella vita dei ragazzi, come la scuola e la famiglia. In conclusione, potremmo dire che ciò che rende veramente buono un piatto è l’equilibrio, è saper mescolare bene insieme tutti gli ingredienti.
Marianna Mautone
consigliera diocesana Acr, parrocchia di San Sebastiano-Marigliano