Unitarietà è un termine che ci sta molto a cuore, che dice qualcosa di importante di noi stessi. Spesso la associamo ad appuntamenti e a cosa da fare, quasi fosse un qualcosa da accendere con un interruttore solo in determinate occasioni e non un tratto distintivo dell’Ac.
Ma cosa significa davvero “unitarietà”?
Unitarietà è… cose semplici…
- Un adulto che conforta e dà consigli ad un giovane disoccupato o precario
- Una coppia che dà consigli a due giovani fidanzati in procinto di sposarsi
- Un adolescente che spiega Whatsapp ad un’adultissima
- Un giovanissimo invitato alla partita di calcio dei giovani
- Un giovane chiamato a fare una testimonianza ai bambini sulle cose che studia
Unitarietà è… uno stile…
- sono educatore dell’Ac, non dell’Acr o di un settore (se l’anno prossimo mi chiedono di cambiare gruppo, lo cambio)
- se svolgo un servizio e non mi formo nel mio gruppo, non faccio associazione, faccio un’azione individualista (altro che unitarietà!)
- se vivo il mio gruppo, ma non vivo la comunità, non faccio piena esperienza di Chiesa (altro che unitarietà!)
- se vivo il mio gruppo, ma non vivo Assemblee e momenti comunitari associativi e non, sto facendo qualcosa che somiglia al club Napoli
- se gli educatori fanno il loro compitino, e non si interessano degli altri gruppi e dell’andamento generale dell’associazione, stanno facendo volontariato e non un “servizio”
- se il Consiglio parrocchiale non si riunisce per le scelte fondamentali (la partenza dell’anno, l’individuazione degli educatori, le verifiche…) vuol dire che l’associazione sta diventando personalistica e quindi, di conseguenza, non unitaria (chi ha un approccio personalistico coinvolge chi dice lui, non “tutti e ciascuno”)
Promessa di matrimonio” tra giovani e adulti:
- “Io giovane, mi impegno a servire l’associazione senza puntare il dito contro quegli adulti che riescono a esserci di meno per impegni familiari e lavorativi. Mi impegno a riflettere costantemente sul fatto che anche io sarò adulto e avrò problemi a gestire tutto. Mi impegno inoltre a riconoscere che non sono io ad aver creato l’Azione cattolica, ma tanti prima di me hanno dato un apporto uguale e maggiore al mio”
- “Io adulto, mi impegno a tenere la porta di casa mia aperta per chi ha bisogno di un consiglio. So di non poterci essere fisicamente a tutte le iniziative, ma ne sosterrò i fini e l’elaborazione con le energie e i tempi che ho. Non mi lascerò andare con i giovani a frasi nostalgiche, non chiederò loro la luna, avrò sempre a mente i limiti e le difficoltà che avevo alla loro stessa età. Mi impegno a portare serenità, maturità e stabilità in associazione, specie quando i più giovani sono preoccupati, nervosi e un po’ disorientati”
Marco Iasevoli, presidente diocesano Azione Cattolica Nola