La Grazia, la gioia e i passi per cambiare davvero le cose… un racconto della prima assemblea sinodale

“Papà, ma cos’è questo Sinodo? Perché non ci sei stato tutto questo tempo?”. Se mia figlia avesse due anni e non quaranta giorni, sarebbe stata questa la domanda che mi sarei sentito fare la sera di sabato 17 ottobre, al termine della prima sessione. Che cos’è il Sinodo e cosa abbiamo fatto… Ora, finalmente, sappiamo cosa rispondere, é finito il tempo della curiosità perché il Sinodo é iniziato davvero.

E allora… le avrei raccontato della bellezza di un gruppo di 650 persone arrivate da tutte le città della diocesi, del clima di cordialità che si respirava anche se, magari, non ci si era mai incontrati con la persona che era seduta accanto. Le avrei raccontato del silenzio, dell’attenzione e della serietà con cui per ore ed ore tutte queste persone si sono ascoltate, ore che sono scivolate via quasi senza accorgersene e senza fatica. Le avrei raccontato dell’emozione e della tenerezza di un pastore che, nel 16esimo anniversario del suo arrivo nella nostra diocesi, presiede un momento storico e di Grazia, che chiude il cerchio iniziato con le visite pastorali.

Le avrei raccontato di come un signore di 92 anni, il professore Masullo, filosofo di fama assoluta, in appena 14 minuti ci abbia ricordato l’importanza del tempo, materia di cui siamo fatti, e di come i sinodali che si succedevano negli interventi siano stati rispettosi del tempo altrui restando nei tre minuti assegnati (naturalmente avrei condito il racconto replicando il suono delle campane che segnalavano la fine del countdown…).

Le avrei raccontato dell’umiltà con cui presbiteri e laici parlavano al microfono dopo essere stati chiamati solo con il loro nome, credenti che parlano ad altri credenti e non in virtù di un titolo e di un ruolo.

Le avrei raccontato della ricchezza di contenuti, delle idee, dei racconti e delle esperienze già in atto: la proposta dei consigli pastorali cittadini, la necessità di regole condivise sulla preparazione ai sacramenti, il desiderio di riscrivere l’itinerario catechistico per i bambini coinvolgendo di più i bambini, la volontà di essere sempre più una Chiesa “ospedale da campo”, immersa nella storia e perciò capace di parlare la stessa lingua del mondo. E poi le avrei raccontato il desiderio di mettere sempre più le famiglie al centro dei progetti pastorali, tenendo conto delle mutate condizioni di vita, di come lì nessuno si sentisse un dottore della legge e, anzi, si insistesse sulla necessità di continuare a formarsi, in particolare alla scuola della Parola. Le avrei raccontato della passione con cui persone anche un po’ più in là con gli anni intervenivano, segno di una vitalità e di una gioia nell’annuncio che viene da chi ha sperimentato con mano l’esistenza di Cristo e vuole portarlo a tutti, del sorriso dei volontari che hanno reso possibile la sessione sinodale anche nelle piccole cose, accogliendo, indirizzando, offrire un po’ di ristoro con un caffé. Le avrei detto, ad essere onesto, che secondo me dei giovani si è parlato un po’ troppo in negativo, e che forse nelle prossime sessioni dovremo aggiustare un po’ il tiro e renderci conto che chi è davvero in crisi, oggi, è l’adulto che non sa come essere adulto.

Infine le avrei raccontato che eravamo lì, nonostante i nostri impegni, strappando del tempo a lei, alle nostre famiglie, al nostro lavoro perché amiamo la nostra Chiesa ed amiamo le persone che ne fanno parte. Eravamo lì per sognare e cercare di rendere concreta la Chiesa di cui farà parte e di cui faranno parte i nostri figli, nipoti e bisnipoti. Si, perché il Sinodo precedente si é tenuto 80 anni fa e vi hanno partecipato i nostri bisnonni, quindi eravamo tutti consapevoli di far parte di un qualcosa che ci avrebbe abbondantemente superato.

Mi avresti chiesto cosa abbiamo fatto. Ti avrei risposto che ci siamo impegnati ad essere ponti d’avorio – bella questa immagine che ci ha offerto il professore Manfredi, rettore della Federico II – che tengono insieme Chiesa e mondo, che lo abbiamo fatto con serietà, ascoltando lo Spirito e gli altri. Ti avrei detto che lo abbiamo fatto con il volto riempito dal sorriso, gli occhi illuminati dalla gioia e il cuore gonfio d’amore, perché ora davvero sappiamo cos’è il Sinodo: un momento di Grazia in cui ci si incontra, si sogna e ci si impegna, dove, sembrerà strano a qualcuno ma é cosi, non si fanno chiacchiere inutili.

ps: siccome l’orgoglio non puoi metterlo in tasca, le avrei detto pure che quando parlavano i miei amici di Azione cattolica emergeva immediatamente la “lezione” del Concilio Vaticano II, quell’identità laicale che ci vuole testimoni e abitanti nel mondo, e non “okkupanti” a tempo indeterminato delle sacrestie…

Enzo Formisano

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