Shoah: comprendere è impossibile, conoscere è necessario

La mostra, frutto del lavoro del  MSAC (movimento studenti associazione cattolica) del Punto d’Incontro (PdI) del Liceo Carducci di Nola, vuole essere un tentativo di rappresentare lo sfruttamento, l’umiliazione e lo sterminio di milioni di ebrei. Tramite una riflessione sugli aspetti psicologici, antropologici, economici e storici che hanno portato alla nascita nell’immaginario collettivo dell’ebraismo come di un nemico, il PdI ha cercato di “condividere” il dramma vissuto da milioni di persone e di rielaborare fonti documentarie al fine di costituire una propria coscienza storica. La mostra prende il via con una scritta:” ARBEIT MACHT FREI” alias “il lavoro rende liberi”. Un messaggio che accoglieva milioni di ebrei, costretti a sfilare sotto il cancello d’entrata accompagnati dal suono di marce marziali eseguite da una orchestra di deportati appositamente costituita. Per il movimento tale scritta riassume la crudeltà, le brutture e le condizioni inumane alle quali erano sottoposti milioni di individui ed è infatti posta in modo tale da dare il via all’intera mostra. Il MSAC ha rivissuto e fatto rivivere la Shoah attraverso lo studio, la rielaborazione creativa e l’interpretazione di fonti documentarie. I pannelli hanno illustrato in modo chiaro i motivi della scelta di Auschwitz e la nascita del razzismo, insomma le radici culturali ed ideologiche che hanno portato allo sterminio. Come venivano accolti gli ebrei? Quali erano le loro “condizioni” di vita? Come venivano impiegati gli effetti personali sottratti ai deportati all’arrivo al campo?

La rielaborazione creativa delle fonti, nasce dall’esigenza di rivivere in maniera semplice e con un linguaggio adatto ad un giovane pubblico tali brutture, per lungo tempo la Shoah è stata posta lì…in fondo ai cuori e alle menti di chi sapeva e di chi l’ha vissuta ,era doveroso ed è doveroso ricordare.

All’interno della mostra vi erano riproduzioni di valigie, di contenitori ermeticamente chiusi contenenti acido fenico e la riproduzione di una locomotiva e dei binari, simbolo non solo dell’inumano trasporto di questi esseri umani verso i campi di concentramento ma soprattutto l’inizio della fine. Al termine della mostra, i ragazzi che hanno lavorato alla realizzazione di quest’ultima , hanno sentito il bisogno di realizzare un cartellone dove è stato rappresentato il mondo costituito da tante mani, mani piccole, hanno infatti utilizzato le loro come modello, piccole perché appartenenti a ragazzi, ai futuri uomini e alle future donne del mondo che nella purezza della loro giovane età hanno rivissuto un tale dramma per evitare che questo si verifichi nuovamente… Occorre conoscere per far si che non si ripeta: questo il messaggio che  il MSAC si è proposto allestendo tale mostra.

Tonia Alfieri

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