Carissimi amici,
quest’anno desidero legare la mia riflessione e i miei auguri sul Natale ad un pensiero che vado maturando, e che ora vorrei provare a comunicarvi, seppure in modo parziale.
Nella piccola e nella grande cronaca, noto sempre più spesso una sorta di riflesso condizionato: non appena ci si imbatte in un delitto, in un furto, in un’azione violenta, i sospetti dei cittadini cadono subito sulle comunità straniere presenti sul territorio. In alcune circostanze questo sospetto trova riscontri, in molte altre si rivela essere un puro e semplice pregiudizio. Mi pare quasi che nella nostra percezione le parole “straniero” e “nemico” coincidano, mentre tantissimi dati (economici, sociali e culturali) ci mostrano che non è così. Nel dibattito pubblico, chi reclama “più sicurezza” si scontra con chi reclama “più integrazione”, e così anche la questione vitale della convivenza tra le diversità viene ridotta a contrapposizione ideologica e politica. Con danni per tutti.
Il piccolo Gesù, carissimi, non è un bimbo occidentale. Tutto di lui parla di una chiara radice mediorientale. I genitori sono mediorientali, i suoi tratti somatici e fisici sono mediorientali. Non c’è modo di scappare da questa verità, forse scomoda e scandalosa per qualcuno. Inoltre, la storia ci insegna che la sua famiglia ha conosciuto la fuga per salvare la vita, la condizione del “forestiero”, della diversità, della marginalità, del pregiudizio. Amici, detto in modo chiaro: uno straniero, uno sconosciuto ha riscattato la nostra vita per sempre. E crescendo, a Gesù non saranno estranee le rivalità tra gruppi religiosi che ritenevano ciascuno di possedere la verità. La sua Parola assumerà valore universale perché capace di catturare l’umanità nella sua essenza, al netto di sovrastrutture, ideologie e gabbie mentali, rimettendo al centro il rapporto intimo e profondo con Dio Padre.
Il Natale è un evento ricco di significati spirituali. Mi piacerebbe che quest’anno ne cogliessimo uno specifico: l’accoglienza dello straniero, che vuol dire integrazione nelle comunità del forestiero, rispetto, curiosità e amore per culture che hanno tanto da dirci, dialogo fecondo tra le religioni. È possibile? A mio avviso è più che possibile. Essenziale è rimettere al centro la persona. La “persona” viene prima dell’etnia, della nazionalità, del credo, del modo di pensare. La “persona” è creatura sognata, voluta e creata da Dio. Questo basta perché sia amata. Per restare nel percorso che come Chiesa di Nola stiamo portando avanti, fondamentale è “fissare il volto” dell’altro. Quando ciò accade, non vediamo né bianco né nero, né cristiano né musulmano né induista. Vediamo un uomo che agli occhi di Dio ha diritto a dignità, ascolto, felicità. Come noi. Senza distinzioni.
Quale impegno, allora, per la venuta di Gesù? Cercare i tanti forestieri delle nostre città, offrire un sorriso, una disponibilità, una mano tesa. Dobbiamo farlo come singoli, come comunità cristiane, come istituzioni tenute a creare le migliori condizioni di crescita materiale e spirituale. Basta con i ghetti! Basta con i pregiudizi! Basta con lo sfruttamento sul lavoro! Basta con il mercato degli affitti, con le abitazioni degli stranieri ridotte a dormitori dal grave rischio igienico. Scommettiamo davvero sulla persona, sui volti. Scommettiamo sulla capacità del nostro amore di stupire il cuore dell’altro. Sfidiamo la paura, crediamo davvero che percorsi formativi e di integrazione possano portare solo ricchezza e legalità nei nostri territori.
Come credenti e come comunità possiamo fare tantissimo. Sconvolgere l’approccio tradizionale allo straniero, mettendo al bando luoghi comuni e benpensanti. Facendo in modo che siano nella vita organica della comunità, non solo come fruitori di servizi caritatevoli. Rendendo la loro presenza la norma, e non l’eccezione. Tantissimo possiamo fare in collaborazione con le scuole, vero e unico laboratorio di integrazione naturale, perché i protagonisti non sono adulti ormai rigidi nei loro schemi, ma bambini sempre pronti a farsi stupire dall’amico. E tantissimo possiamo e dobbiamo fare per sensibilizzazione amministrazioni e strutture pubbliche perché abbiano un approccio umano, e non legalistico, contando sempre più sull’esperienza maturate dalla Caritas, dalle associazioni cattoliche e non e da belle realtà del terzo settore.
Gesù il forestiero parlerà ad ogni uomo e ad ogni donna, andrà dritto al loro cuore, rivelerà loro i moti più nascosti del cuore, indicherà con chiarezza una strada per venire fuori dal pantano delle loro vite. Non selezionerà mai i destinatari del suo messaggio in base alla loro predisposizione a riceverlo, né tantomeno in base alla loro provenienza. Anzi, offrirà la precedenza agli ultimi e ai bisognosi. E non c’è dubbio che tra i bisognosi ci sono migliaia di uomini, donne e bambini, di altra nazionalità, e di altra religione, che il 24 notte soffriranno il freddo, piangeranno per ciò che non hanno, patiranno la fame. Quanto somigliano alla famiglia di Nazareth! Non lasciamoli soli, sono nostri fratelli, sono la strada della nostra salvezza.
Con queste riflessioni e questi sentimenti, carissima Chiesa di Nola, ti auguro un Natale di solidarietà, vicinanza, libertà dagli stereotipi, autentico affidamento al messaggio universale di salvezza che il bambino di Betlemme consegna ad ogni uomo, nessuno escluso.
Con affetto,
padre Beniamino