Lo scorso mercoledì 7 aprile presso la parrocchia della Stella di Nola, a conclusione degli incontri di formazione e programmazione per educatori giovani e giovanissimi, una cinquantina di responsabili hanno partecipato all’incontro con Marco Iasevoli dedicato al tema dell’affettività.
Il primo punto su cui è stato necessario fare luce è cosa significhi concretamente affettività, per prendere coscienza di come questa parola (che dice tutto e non dice nulla) sia la base di ogni cammino educativo. All’interno della parola “affettività”, infatti, rientrano gli affetti, le relazioni con le persone, il rapporto con il proprio corpo, la sessualità, cioè tutti quegli elementi che fanno parte della vita concreta delle persone. Ma per quanto l’affettività sia una componente fondamentale della vita di ognuno di noi, troppo spesso resta fuori (del tutto o in parte e più o meno consapevolmente) dai cammini ordinari dei nostri gruppi giovanissimi e giovani.
I perché sono vari ed interrogano direttamente gli educatori: c’è chi non ne parla per vergogna, chi non lo fa perché è contrario o non capisce la morale cristiana (specie riguardo la sessualità), chi cerca di dare una sua “interpretazione” a ciò che il Vangelo e la Chiesa dicono al riguardo, sottolineando le sfumature che gli piacciono, limando qui e lì qualcosa quando non si è molto convinti o abolendo le parti che non convincono del tutto o che metterebbero fortemente in discussione. Perchè il problema, spesso è esattamente questo: parlare di affettività interroga profondamente e direttamente, e probabilmente più di qualsiasi altro tema, l’educatore che è necessariamente portato a chiedersi “ma io vivo tutto ciò? a che punto del mio cammino sono? come posso dire ciò che non mi vede d’accordo o ciò che io stesso non riesco a mettere in pratica?”. Ed ecco, allora, che una difficoltà legittima del responsabile può significare avere un importantissimo pezzo in meno nella formazione e nell’educazione del suo gruppo, che non si interrogherà mai su quelle questioni che riguardano la vita di tutti i giorni. A fare da contraltare agli educatori che non affrontano il problema ci sono poi quelli che scelgono la strada più sbagliata fra tutte quelle a disposizione: si trasformano in moralizzatori, nascondono i propri limiti (che tutti hanno in quanti umani) dietro un velo di divieti, regole ed imposizioni che non aiutano a comprendere il senso della morale cristiana e che fa sì che la maggior parte delle persone che restano sull’uscio dei nostri gruppi (o che non se ne accostano nemmeno) non ne facciano parte perché “spaventati” dalla morale sessuale. Un atteggiamento di tipo moralistico, inoltre, non solo supporta l’idea di una Chiesa capace solo di dire “no”, ma non aiuta nemmeno ad essere prossimi nella crescita dei giovanissimi e dei giovani che ci sono affidati, perché è molto spesso accompagnato dal pensare che una volta dette le “regole” durante la riunione l’educatore possa stare in pace con la sua coscienza in quanto ha espletato ad ogni compito che gli è richiesto, in quanto tocchi ai fruitori decidere se lasciarsi scivolare addosso il messaggio o farlo proprio.
Al contrario l’educatore deve essere capace di indicare le regole solo quando servono, ma di tener puntato sempre il dito verso la meta spiegando che le stesse regole servono a d aiutarsi nel difficile cammino che separano dalla vetta. Ed è in questa ottica che un educatore non deve aver timore di presentarsi al gruppo come una persona che cammina: non è perfetto, sbaglia come tutti gli altri, ma deve testimoniare come dopo l’errore, dopo la caduta sia pronto a rialzarsi e rimettersi in cammino per seguire quella meta che non ha mai perso di vista. Anche perché se si è educatori non lo si è “per caso”, ma perché si è stati scelti da Qualcuno… E questo è anche il motivo per cui non è necessario, per trattare temi più specifici, dover ricorrere per forza all’aiuto di un esperto esterno, di un tecnico di quello specifico argomento: è l’educatore, esperto di vita, che per preparare la riunione si documenterà e si autoformerà, perché più che gli esperti servono, oggi, persone normali che si facciano compagne di viaggio.
Al di là del modo di approcciarsi al tema e all’ambito della sessualità, sono stati tanti altri gli spunti proposti. A partire dall’inizio del cammino degli educatori: molto spesso, infatti, il primo servizio educativo che è richiesto è far scoprire, al giovanissimi più spesso, al giovane in alcuni casi, che anche in lui c’è il seme del Bene, che anche lui è bello, che anche lui ha qualcosa da donare agli altri. Dopo aver fatto “pace” con se stesso, infatti, il giovanissimo potrà aprirsi pienamente alle relazioni con gli altri, senza timori, senza paure. I giovani, invece, sono investiti dal tema dell’affettività anche e soprattutto per quanto riguarda il progetto di vita: l’educatore, infatti, ha il compito di far scoprire loro che la loro vita non può non essere pensata senza gli altri e che le persone (la famiglia, gli amori, gli amici, la comunità…) non possono essere esclusi dal proprio progetto di vita e che tale progetto sia necessario: in giovane senza mete, senza obiettivi, che vive alla giornata è una persona che è ancora più giovanissimo che adulto…
L’argomento era di tale complessità che, purtroppo, non è stato possibile sviscerarlo del tutto. Il Settore giovani nazionale, comunque, ha tenuto a Roma il 30 e 31 gennaio 2010 un seminario sull’argomento. E’ possibile scaricare tutto il materiale e le relazioni all’indirizzo http://www.azionecattolica.it/settori/GIOVANI/sezione/vita/430-lamore-conta