Un martire laico

Sono trascorsi trent’anni dal suo assassinio, ma lui è ancora vivo. Troppo forte la sua testimonianza per poter essere messa a tacere dalla vigliacca volontà di chi, incapace di giocarsi la propria libertà fino in fondo, ha deciso di mettere fine a quella di un altro. Ma quella mattina del 12 febbraio le Brigate Rosse hanno creduto di mettere a tacere la voce di un solo uomo senza sapere che apparteneva ad un intero popolo, quello che sa soffrire per la morte ma non ne teme la vittoria, consapevole che l’unica vittoria è e sarà la vita.

Lo disse anche Giovanni Bachelet, il giorno dei funerali del padre : «…vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri…» . La vita sulla morte, la possibilità della salvezza e la speranza del cambiamento sul pessimismo del fatalismo vinsero allora sui terroristi, come essi stessi dichiararono anni dopo in una lettera inviata al fratello di Vittorio – «Ricordiamo bene le parole di suo nipote Giovanni…ritornano a noi e ci riportano là a quella cerimonia, dove la vita ha trionfato sulla morte, e dove noi siamo stati, davvero, sconfitti nel modo più fermo e irrevocabile» – e vincono ancora oggi sul relativismo e la disperazione del quotidiano.

Una vittoria possibile perchè ci sono uomini e donne che nella normalità delle loro giornate vivono vocazionalmente la propria vita, “arditi nella fede e araldi della Croce”. Una testimonianza vera, possibile per la cura che altri uomini e donne dedicano alle giovani coscienze affinché crescano salde nella fede ma soprattutto libere.

Quanto Vittorio Bachelet avesse a cuore la questione educativa è dimostrato non solo dall’impegno come docente universitario – e come docente ha concluso la sua vita, essendo stato ucciso in università dopo una lezione – ma anche dalla centralità della ‘scelta religiosa’ nell’elaborazione dello statuto associativo postconciliare.

Così si espresse in merito, durante un’intervista del 1979: «Di fronte a questo mondo che cambia, di fronte alla crisi di valori, nel cambiamento del quadro sociale e culturale, forse con una intuizione anticipatrice, o comunque con una nuova consapevolezza, l’AC si chiese su cosa puntare. Valeva la pena correre dietro a singoli problemi, importanti, ma consequenziali, o puntare invece alle radici? Nel momento in cui l’aratro della storia scavava a fondo rivoltando profondamente le zolle della realtà sociale italiana che cosa era importante? Era importante gettare seme buono, seme valido. La scelta religiosa – buona o cattiva che sia l’espressione – è questo: riscoprire la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato. Quando ho riflettuto su queste cose e ho tentato di esprimerle ho fatto riferimento a S. Benedetto che in un altro momento di trapasso culturale trovò nella centralità della liturgia, della preghiera, della cultura il seme per cambiare il mondo, o – per meglio dire – per conservare quello che c’era di valido dell’antica civiltà e innestarlo come seme di speranza nella nuova. Questa è la scelta religiosa».

E questa è e non può non essere l’Azione Cattolica di oggi.

L’emergenza educativa pone infatti la scelta religiosa come una possibilità da sfruttare a pieno per essere voce forte nel mondo. La scelta che allora comportò all’ AC e al suo presidente forti critiche, si presenta oggi come la bussola da custodire gelosamente per mantenere la giusta rotta. Una possibilità che chiama in causa soprattutto gli adulti che non possono demandare ai giovani la conservazione della libertà, che proprio Bachelet ricordava spesso come fine mai raggiunto e sempre in pericolo.

Educare dunque, educare al compimento di sé, educare al servizio degli altri – stando bene attenti però ad evitare che il volontariato sia di ostacolo alla realizzazione della persona –, educare al continuo aggiornamento attraverso la lettura e l’ascolto, qualunque sia il lavoro che si è scelto, dallo spazzino al professore universitario. Educare alla critica della realtà per giudicarla con occhi sempre nuovi, imparando a far emergere la bellezza, troppo spesso offuscata dall’appariscenza del male.

Educare in poche parole al battito del cuore, quel battito speciale, quello che ad ascoltarlo bene si rivela voce di Dio che grida il tuo nome. Quel battito del cuore che rende gli uomini fratelli, quel battito del cuore che dà ragione delle parole di Giovanni Bachelet e che Vittorio, martire laico, ha ascoltato fino all’estremo sacrificio.

Mariangela Parisi

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