Smettiamo di chiederci come stiamo, iniziamo a domandarci con più insistenza «PER CHI» siamo. È da questa domanda che dobbiamo ripartire per chiederci che AC vogliamo essere nei prossimi tre anni. (Matteo Truffelli, relazione alla XVII Assemblea nazionale)
L’ Azione cattolica diocesana è impegnata da qualche mese in un cammino di discernimento. A partire dalle parole del presidente Truffelli ha, infatti, avviato un percorso organizzato per tappe con lo scopo di riflettere sul tempo che stiamo vivendo, su come l’associazione è chiamata a muovere i primi passi post-pandemia, progettando un’AC chiamata a ripensare “l’abitare”.
Come è stato ulteriormente sottolineato dagli Orientamenti triennali:
Il documento finale – che abbiamo elaborato insieme, in un itinerario prolungato che ha visto coinvolti in modi e tempi diversi tutti i livelli della vita associativa – ci ha aiutato a comprendere il senso profondo e il valore del discernimento comunitario, che è lo stile permanente di una associazione di laici credenti che scelgono insieme di contribuire alla costruzione della comunità in modo accogliente e inclusivo.
Le indicazioni dell’Assemblea costituiscono insieme l’orizzonte e la prospettiva della vita associativa nei prossimi anni; invitiamo pertanto tutti ad approfondirle e a svilupparle a partire dalla domanda che le ha ispirate e che diventa particolarmente preziosa nella fase della progettazione: “Per chi siamo?”. Per quali persone, per quali famiglie, per quali realtà esistenziali e luoghi concreti di vita quotidiana siamo chiamati a “essere missione”?
Già nel consiglio di verifica e programmazione svoltosi in estate, ci siamo interrogati con più attenzione su chi siano i destinatari della proposta associativa, come venga interpretata la responsabilità e se gli educatori riescano a vivere il loro servizio in ottica missionaria. Dal confronto è risultato evidente come questo tempo particolare che stiamo vivendo abbia rivelato molte cose, facendo luce su bisogni e desideri nuovi o mai emersi e come, sebbene fossimo apparentemente disabituati alla progettualità, sentissimo forte il desiderio di continuare a sognare e di trasmettere l’importanza del camminare con delle prospettive di vita e associative ben chiare.
La seconda tappa è stata vissuta a settembre, quando le equipe dei vari settori sono state chiamate a riflettere in quattro macro aree:
- Per chi siamo
- Sogni e bisogni delle persone in questo tempo e nel nostro territorio
- Che Ac vogliamo essere
- Cosa significa far parte dell’Ac
- PER CHI SIAMO: Ci siamo resi conto di essere davvero per tutti, nessuno escluso. Crediamo fermamente nella dimensione popolare della nostra associazione, che può arrivare alle vite di tutti. Questo non significa che tutti accoglieranno l’invito a far parte dell’associazione, ma che l’Ac abbia il dovere di provare a dire una parola di Bene a tutti. Non per proselitismo o marketing, ma per fedeltà al Vangelo.
- SOGNI E BISOGNI: Consapevoli del tempo che abbiamo vissuto, ci siamo resi conto che la cura delle relazioni era, è e dovrà essere alla base di ogni incontro.
Questo tempo, però, ha permesso di fare spazio nelle nostre vite a qualcosa che non avevamo sperimentato in modo così forte: l’assenza di impegni e incontri. Siamo convinti di dover continuare a tenere fede ai nostri appuntamenti e di non fermarci mai per mantenerci attivi e vivi, ma vivere significa anche avere coscienza di sé in ogni situazione. È, perciò, impensabile l’idea di andare avanti senza mai fermarsi a fare il punto, perché il sostare ci consente di prendere fiato, di capire dove stiamo andando, quale direzione stiamo prendendo, che percorso abbiamo intenzione o necessità di intraprendere e come affrontarlo. Come Ac siamo chiamati ad accompagnare le persone in questo discernimento, lasciandoci guidare dagli assistenti.
Un’ ulteriore tematica emersa è il riscoprirsi parte di una comunità: siamo chiamati ad una missionarietà che esca fuori dalle comfort-zone dei gruppi e che guardi a tutte le comunità (parrocchiale, cittadina, dicoesana) di cui siamo parte attiva.
- CHE AC VOGLIAMO ESSERE?: Vogliamo essere una Ac che sa di CASA.
Vogliamo essere una AC, capace di essere attrattiva e di riaccendere la fiamma della fede in coloro che l’hanno perduta e alimentarla per evitare che si affievolisca.
Vogliamo essere una Ac che sia attenta a tutti, che viva nel tempo e nello spazio. Vogliamo essere concreti e non astratti.
Vogliamo essere una Ac attenta al bene comune, al territorio.
Vogliamo essere una Ac inclusiva, pronta ad affrontare tematiche quali omofobia, disabilità.
Vogliamo essere una Ac vicina agli educatori: è vero, sono stati chiamati a offrire il loro servizio nella situazione difficile in cui ci troviamo, ma questo non ha fatto prevalere in loro angoscia e paura. L’associazione non richiede loro di essere dei supereroi, ma piuttosto riscoprire innanzitutto la capacità di donare se stessi, che è la base del servizio educativo.
Vogliamo essere una Ac che “ritorna” a Cristo, riscoprendo il valore della spiritualità in ciò che siamo e in quel che facciamo.
Vogliamo essere una Ac che è strumento di correzione fraterna.
- FAR PARTE DEL CAMMINO DI AC: Nel servizio fatto perché “fa stare bene” si annida infatti un nemico pericoloso: l’io. E l’io chiede di essere gratificato e foraggiato: l’io ama stare al centro e trova intollerabile il fatto che allo sforzo non corrisponda pari gratificazione, pari benessere. È importante quindi vigilare perché la gratificazione non sia la causa dell’impegno, ma giunga semmai come inattesa conseguenza. (Chiamati a far crescere). L’impegno che ci siamo presi è quello di essere “servi inutili”, di essere come il Battista, capaci di farci da parte quando è il momento, accompagnando lungo la strada chi ci è affidato e chi verrà dopo di noi, perché il nostro obiettivo non è quello di diventare famosi, ma di far essere “famoso” chi ci ama più di tutti, il Signore.
Le considerazioni riportate ci hanno aiutati ad avviare un ulteriore momento di riflessione e sintesi in Presidenza, anche alla luce del Documento Preparatorio della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che ha fatto emergere come l’Ac – in quanto parte della Chiesa – debba essere retta dalla comunione, partecipazione e missione: vogliamo scrutare i segni dei tempi ed interpretarli alla luce del Vangelo, a partire dall’ascolto che pone le basi per un dialogo costruttivo e proficuo.
Il cammino avviato è iniziato e terminerà nel Consiglio diocesano: domenica 24 ottobre, infatti, ci ritroveremo per cercare di trasformare le indicazioni emerse in piste e scelte concrete per vivere a pieno l’oggi e costruire il domani di una associazione che vuole continuare ad essere parte attiva di una Chiesa chiamata a “camminare insieme”.