Noi per AMAtRicE

Il 19 agosto siamo partiti da Nola in venti, ognuno con delle aspettative diverse ma certi che questa esperienza sarebbe stata un’occasione di crescita e tale si è rivelata. Al nostro arrivo al campo di Torrita siamo stati accolti da Don Fabrizio, responsabile della Caritas diocesana di Rieti, che con le sue parole ha chiarito quale sarebbe stato il senso del nostro stare lì. Saremmo stati solo un prolungamento delle braccia della Caritas, semplicemente uomini a servizio, per i quali il solo bene sarebbero state le persone del luogo, non noi stessi e le nostre esigenze.

Parole forti, brusche e sincere che hanno messo in moto qualcosa in noi, parole che ci hanno messo in discussione e che avremmo capito solo al termine dell’esperienza. Cosi è iniziata la nostra settimana divisi tra accoglienza al centro Caritas, campi estivi per bambini e lavoro manuale presso le famiglie. Nei lavori svolti da noi volontari nelle famiglie si è concretizzata a pieno l’esperienza di servizio che chiede di fare cose non scontate, comode o quotidiane. Infatti abbiamo dovuto tagliare legna, spostare pietre di una casa ormai caduta, aggiustare tetti, riordinare e ripulire scantinati, costruire guard rail e lavorare nei campi. Il nostro supporto non è stato solo fisico, dato che gli abitanti del posto potevano tranquillamente svolgere quelle mansioni da soli, ma soprattutto morale.

Infatti se per gli amatriciani vedere noi volontari affiancarli nel lavoro è stato un segno di speranza, ben diverso è stato relazionarsi agli abitanti più giovani. Da volontari dei campi estivi svolti ad Amatrice centro e nei due paesi limitrofi, Borbona e Accumoli, ci aspettavamo di dover svolgere un comune Grest, in realtà siamo venuti a contatto con bambini molto vivaci e poco propensi a seguire regole, bambini che vivono accanto alle macerie delle loro case e che se solo si agitano i piedi per gioco gridano al terremoto. Nonostante le difficoltà gli operatori e i responsabili Caritas hanno permesso non solo la realizzazione del campo estivo ma hanno anche contribuito alla stretta collaborazione tra i paesini confinanti, superando storiche rivalità, esempio di come il problema può rivelarsi opportunità per sentirsi comunità. Lo stesso senso di comunità avvertito da noi incontrando e ascoltando gli abitanti del posto e riscoprendo la cittadina attraverso le loro storie.

Sì, perché Amatrice è ancora viva, nelle famiglie che cercano nonostante il dolore di ricominciare a vivere, nei negozianti che riavviano le loro attività seppur con fatica, nella volontà di essere autosufficienti con l’apertura del primo supermercato, negli anziani che si prendono cura delle rose appartenute a giardini di strutture ormai crollate per poterle vedere un giorno rifiorite accanto a nuovi edifici e nei ragazzi che vivono, cantano e sognano ció che sarà Amatrice. Il ritorno del 26 agosto è stato caratterizzato da un forte senso di gratitudine da parte di tutti noi volontari verso la Caritas per averci accompagnati, l’Azione Cattolica che ci ha dato la possibilità di fare un’esperienza di Chiesa, i compagni di viaggio con cui è nato un forte legame e soprattutto gli amatriciani che ci hanno dato l’opportunità di fare qualcosa che non avremmo mai pensato di fare.

Felicia, San Francesco d’Assisi di Sant’Anastasia

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