L’estate associativa è un continuo di grandi emozioni. Ecco a voi i racconti di chi ha partecipato ai campi nazionali: sono responsabili diocesani che vanno a formarsi per portare poi nuove idee e nuovo entusiasmo a casa nostra… Mena e Michele ci dicono del campo Acr, Antonella del campo Giovani, Teresa del campo Msac…
“Circondati dalla vera gioia che risplende nelle nostre vite perché Tu sei con noi!” – 4×4: il racconto del Campo Nazionale Acr – Mena Beneduce e Michele Romano
Sono queste le prime due righe dell’inno che accompagnerà il percorso dell’Acr dell’anno associativo ormai alle porte. E in queste poche righe è nascosto il senso di una proposta ricca e bella, quella che l’AC propone ad ogni socio che la sceglie liberamente. Per fare sintesi dei sei giorni vissuti al campo nazionale proveremo ad utilizzare come linea guida alcune parole dell’inno.
LA VERA GIOIA: ogni buon cristiano è invitato a chiedersi ogni giorno “cosa mi rende felice?”La felicità si costruisce e non è legata a cose vane che passano col tempo ma, la felicità di noi cristiani, la vera Gioia, è quella in grado di oltrepassare il tempo. La vera Gioia deriva dalla consapevolezza di un dono ricevuto, un dono d’amore, l’amore di Cristo per la vita di ogni uomo. Un amore totale che si è rivelato con l’incarnazione e ha spinto il Figlio, l’Amato, a darsi tutto, fino alla morte. La vera Gioia di un cristiano trova la sorgente nelle ferite di Gesù il quale ha preso su di sé la vita di ciascuno, perché ogni uomo potesse sperimentare la Gioia che viene dal sentirsi amati di un amore totale. A noi la capacità di riscoprire questo Amore, attraverso un esercizio di ricerca “dentro se stessi”, ovvero attraverso la cura della propria INTERIORITA’, la cura della VITA SPIRITUALE. E’ lì che il dono si riscopre fragile, ma allo stesso tempo amato nella fragilità. Da qui deriva il compito per un LAICO RESPONSABILE: ricordare, ogni giorno, che essere responsabili vuol dire servire Colui che ci ama nelle nostre fragilità, mettendo a servizio degli altri i nostri talenti; vuol dire ricordare che la responsabilità è una vocazione e proprio per questo non può essere vissuta a tempo ma, anzi, il tempo della responsabilità e del servizio deve essere sempre tempo di grazia di cui rendere lode a Dio. Vuol dire anche porsi con umiltà nei confronti dell’altro, riconoscendosi sempre in cammino e con uno zaino in spalla sempre da riempire.
RISPLENDE: la vera Gioia, se è tale, non può rimanere nascosta, ma risplende attraverso la nostra stessa vita. Siamo chiamati a farci missionari della bellezza di un incontro d’amore, a circondare di gioia le persone che incontriamo e a circondarci di gioia, riconoscendo i segni della presenza di Dio nella ferialità degli incontri vissuti. Questo vuol dire vivere la FRATERNITA’ che trova le sue radici nella capacità di riconoscere la paternità di Dio. Una fraternità che si può esprimere attraverso la Mistica del vivere insieme (EG 87); che passa dalla dimensione corporea e implica un atteggiamento di MISERICORDIA nei confronti dell’altro. Il corpo è il luogo dell’incontro con l’altro che ci invita ad uscire da noi stessi per farci TOCCARE dall’altro: dalle sue ansie, dalle sue paure. Fragilità da accogliere, da amare, di cui prendersi cura, da correggere in alcuni casi, ricordando sempre di mettere al centro delle nostre azioni il Bene e soprattutto di essere tutti membra di un unico corpo che è la Chiesa.
TU SEI CON NOI: il NOI indica lo stile della SINODALITA’, un criterio, un atteggiamento e un impegno per essere una “Chiesa bellissima” come amava dire Mons. Mansueto Bianchi, che sa “essere” nei luoghi e nei tempi di oggi. Siamo chiamati ad essere “sinodi” cioè compagni di viaggio che camminano insieme, che trovano la loro radice comune nel Battesimo e che sono espressione di una Chiesa che ascolta e che si ascolta, fatta da persone consapevoli di avere sempre qualcosa da imparare gli uni dagli altri.
Con queste riflessioni, ritorniamo dal campo nazionale dal titolo impegnativo: 4×4 – La bellezza di una proposta, La forza di una scelta. Torniamo alla quotidianità con una gioia rigenerata e con il desiderio di portare nei luoghi nei quali siamo chiamati a vivere la gratitudine dell’essere parte di questa CHIESA BELLISSIMA.
“Guarda bene” – campo nazionale Giovani – Antonella Testa
Mettete insieme 200 giovani di AC pieni di gioia ed entusiasmo, aggiungete 2 vicepresidenti giovani nazionali attenti e responsabili, infine 2 assistenti grintosi e impegnati! Ora mescolate e agitate il tutto! Cosa ne sarà mai uscito fuori? Un fantastico campo nazionale del settore giovani e del Movimento studenti di AC (Msac)!
Un campo indimenticabile per me, poiché mi ha battezzata alla vita e alle proposte associative nazionali: dopo aver partecipato a diverse esperienze di AC diocesane, questa è stata un’occasione preziosa per interfacciarmi con altri ragazzi responsabili e membri di equipe di tutta Italia!
Ma procediamo con calma e con ordine: il tutto nasce dal bisogno che ho avvertito di voler vivere un campo da semplice ‘campista’ e non da responsabile di settore. E cosi ho colto al volo l’invito dell’AC attraverso la persona di Sara, la nostra vice giovani diocesana!
Siamo partite in 6 di noi da Nola alla volta di Seveso; città lombarda dove siamo state accolte dal 6 al 10 agosto presso il centro pastorale diocesano: un ex seminario convertito in una struttura dove poter fare campi, incontri, conferenze e tanto altro!
Dopo l’accoglienza del sabato pomeriggio affettuosa e gioiosa, come quella di fratelli che si ritrovano insieme, ci siamo sistemate nelle camere per poi iniziare i lavori alle 17.00. Ci siamo ritrovati nella sala assemblea dove i vice Michele e Lucia e i segretari Msac Gioele e Adelaide ci hanno dato il benvenuto e presentato i temi dei due campi: “Guarda bene!” del settore giovani e “Mille volte ancora” del Msac.
“Guarda Bene” ci spiegano che è la meta di un percorso compiuto in questi anni e che ancora non si è concluso. Un percorso che si focalizza sul cercare di vivere nel quotidiano lo stile dell’Evangeli Gaudium di Papa Francesco e di mettere al centro della nostra vita il Bene. Il Bene che non è mai astratto, ma che si concretizza nella quotidianità, vissuto con una gioia e una speranza mite, operosa e condivisa, dicendo un chiaro e forte no al pessimismo sterile che dilaga nei luoghi che viviamo.
Infine, Lucia e Michele hanno spiegato il perché di un campo a Seveso.
Perché Seveso è una città resiliente e anche il luogo della memoria, perché proprio il 6 agosto cadeva il quarantesimo anniversario del disastro ambientale della diossina che colpì queste zone.
Proseguiamo la serata con un momento di preghiera con don Tony e don Michele in cui abbiamo ricordato e pregato la bellissima persona del nostro assistente nazionale mons. Mansueto Bianchi venuto a mancare il primo agosto.
La cena e l’ animazione poi ogni sera, hanno contribuito a scoprire nuove amicizie con gli altri campisti e condividere la gioia.
Dal secondo giorno di campo è stato davvero interessante e bello vedere come questo “Guardare Bene” potesse essere declinato nella nostra vita.
Infatti con l’aiuto di don Claudio Burgio, cappellano dell’Istituto penale minorile “Beccaria” di Milano e fondatore dell’associazione Kayròs che gestisce comunità di accoglienza per minori, abbiamo riflettuto con ascolto, laboratori e confronti sul saper vedere il bene in noi stessi, nella nostra profondità, vedere il bene nelle vicissitudini del mondo e nello specifico negli altri. Don Claudio ci regala una testimonianza molto forte insieme a due giovani della sua comunità, Daniel e Massimiliano, lasciandoci provocazioni e storie di vita in cui il bene era stato rinchiuso in uno stanzino da cattive compagnie e famiglie poco presenti.
Diceva infatti don Claudio: “Non c’è nessuna persona che nasce cattiva: ricordate che nel libro delle Genesi il primo verbo usato da Dio è ‘Tu potrai’, per questo la prima parola che forma l’uomo è la potenzialità. Ogni ragazzo che incontro è un potenziale di bene e ha bisogno di comprendere a cosa è chiamato nella vita”. Più volte poi, è ritornato sul consiglio di imparare a sospendere il giudizio perché ci ostacola nel vedere l’altro per ciò che è, quel pregiudizio che distorce la realtà delle persone e delle cose.
Nella mattinata del terzo giorno siamo passati al saper vedere il bene in AC con due consiglieri diocesani di Ragusa, Valeria e Alexandra. Queste ragazze ci hanno raccontato dei tanti momenti difficili e faticosi che hanno vissuto nel loro cammino di AC e della loro forza, pazienza, gioia e amore per l’associazione che ha permesso di risollevarsi dal momento di apatia e comprendere e ricercare ciò che servisse ai giovani e giovanissimi della loro diocesi.
Al pomeriggio abbiamo incontrato Raffaele Servalli che ci ha aiutato con la sua storia a saper vedere il bene nella Chiesa e nel mondo attraverso un progetto sociale finanziato dal MLAC dal nome ‘Formare per seminare e raccogliere’. Un progetto che ha saputo far rete tra la Caritas di Ivrea, la Coldiretti e le amministrazioni locali dando vita ad un’attività che vedeva impegnati persone disoccupate nella bonifica, nella formazione e nella coltivazione di alcuni terreni comunali di Rivarolo. Raffaele ci diceva che “per riuscire in ciò che crediamo bisogna saper insistere, avere il coraggio di chiedere e coinvolgere, senza arrendersi mai, solo così si vedrà il bene”.
Quella sera, abbiamo vissuto poi un momento conviviale speciale con la cena regionale offerta dall’AC lombarda assaggiando piatti tipici e scoprendo giocando i dialetti e le tradizioni di quella terra, il tutto con la preziosa compagnia del nostro presidente nazionale Matteo Truffelli.
Il quarto giorno si può dire che è stato l’apice del campo vissuto insieme a Matteo che ci ha aiutato a come leggere la nostra identità fondamentale per costruire sentieri di speranza. Con lui abbiamo ripercorso un po’ tutte le tappe dei giorni precedenti secondo il suo pensiero, la sua storia capendo che essere bene lo scopriamo inevitabilmente nelle relazioni, con gli altri e quindi nel non appartenere a noi stessi ma agli altri, perché ciascuno di noi è Bene.
Ci diceva ancora Matteo che l’AC ci costringe continuamente a confrontarci e rapportarci, essere quindi associazione è un grande esercizio di Bene, senza identificarci con le nostre iniziative e né ingelosirci per ciò che abbiamo fatto, ma lasciare che il bene di tutti circoli e porti speranza. Ci ha esortato di sentirci parte della storia del nostro tempo essendo parte viva e consapevole e avendo uno sguardo contemplativo sul mondo, ossia cercare e vedere Dio tra le strade del mondo.
Al pomeriggio poi, lo abbiamo incontrato insieme al MSAC lasciandoci quattro definizioni di Azione Cattolica: missione, cura, associazione e corresponsabilità. Definizioni che hanno caratterizzato l’ultimo laboratorio di questo campo vissuto assieme alla realtà del MSAC.
Ed eccoci arrivati all’ultimo giorno di campo, fatto di conclusioni, condivisioni,verifica di quanto vissuto e di abbracci, sorrisi, foto e lacrime per il dono di un’esperienza umana e formativa.
Un campo rigenerante che mi permette di ripartire con più consapevolezza di ciò chi sono io e chi sono gli altri per me. Siamo tutti infinita possibilità di bene, un bene che ripulisce i nostri occhi dal pregiudizio e che toglie il timore di dover sporcarci le mani o di tuffarci nella nostra storia. Ringrazio ancora una volta di cuore l’AC perché come compagna fedele mi prende per mano e mi fa camminare su sentieri di speranza autentica.
“Mille volte ancora” – campo nazionale Msac – Teresa Nocerino
Dal 6 al 10 agosto Seveso, cittadina della Lombardia famosa al panorama italiano ed europeo unicamente per il disastro ecologico che la rese protagonista nel lontano 1976, ha ospitato circa 200 soci di AC, tra Settore Giovani e Movimento Studenti di Azione Cattolica. Il campo nazionale è stato ricco di esperienze e workshop formativi per entrambi i settori. Perché intitolare il campo MSAC “Mille volte ancora”? Perché #MilleVolteAncora, come soci e come studenti, scegliamo di celebrare la vita, celebriamo Dio per il dono che ci ha fatto. Come Simone e Andrea furono chiamati mentre erano intenti a riempire le loro reti sul lago di Galilea, i msacchini vengono chiamati tra i banchi di scuola ogni giorno. Alcuni dei temi principali su cui ci siamo concentrati in questi giorni densi di attività sono stati l’annuncio e la riscoperta della scuola di Don Lorenzo Milani. Annunciare è camminare accanto alle persone e dimostrare col proprio essere, col proprio stile di vita, la preziosità della vita stessa; come appunto fece Don Milani, ricostruendo il mondo più giusto che chiedeva a Dio partendo dagli studenti, da coloro che abitano la scuola e che avrebbero abitato il mondo del domani. L’annuncio cammina di pari passo con il servizio e come quest’anno ci ha ricordato Papa Francesco: “Chi non vive per servire, non serve per vivere”. Queste sono le parole che illuminano il senso del servizio missionario e che chiariscono il significato del mettersi in gioco per uno studente di Azione Cattolica, che ogni giorno, vivendo la scuola, mette a dura prova la propria credibilità associativa, ma la rende anche più bella, facendo in modo che diventi luogo e tempo di annuncio e ricerca. Le attività laboratoriali del campo sono state aperte da un momento molto emozionante, ovvero una mattinata di deserto guidata dalle parole di Don Michele Pace, assistente nazionale del Movimento Studenti di AC. Partendo dalla parabola del buon samaritano, Don Michele ha smosso diversi sentimenti all’interno dei cuori degli studenti provenienti da tutta Italia, anche attraverso l’utilizzo di una tipologia interattiva di deserto che ha visto la proiezione di alcuni video tratti dalla GMG di Cracovia e un’analisi del quadro di van Gogh, “Il buon samaritano”, giustappunto. Nel pomeriggio e per la giornata seguente, i msacchini italiani sono stati coinvolti in un’attività molto interessante che li ha visti confrontarsi con un metodo di scrittura collettiva, utilizzato da Don Milani all’interno della scuola di Barbiana, per scrivere “Lettere ad una professoressa”. Questo metodo è stato adoperato per scrivere “a più mani” alcune proposte riguardanti 5 ambiti scolastici: dispersione scolastica, riforma dei cicli, alternanza scuola-lavoro, diritto e costituzione, inclusione e integrazione. Queste proposte sono state poi sottoposte all’attenzione di tutti i rappresentanti del MSAC presenti a Seveso, sono state discusse e commentate in un clima di interesse e coinvolgimento. Le attività si sono svolte poi all’insegna della verifica del triennio trascorso, in attesa del percorso congressuale che stiamo per attraversare. Il pomeriggio del 9 agosto è stato animato dalla presenza del presidente nazionale Matteo Truffelli. Il nostro presidente, durante il suo intervento, ha posto l’attenzione dell’assemblea su quattro parole: missione, cura, associazione e corresponsabilità. Queste sono le quattro parole che dovrebbero animare la nostra vita associativa in parrocchia e in diocesi. L’Azione Cattolica esiste per fare ed essere missione, non è fine a se stessa ma concorre alla riuscita della Chiesa. Bisogna essere discepoli missionari, abitando una Chiesa dove la missione e la formazione camminano insieme, dove l’essere discepoli ti forma. L’essere missionari ci richiede di saper abitare il nostro tempo, ci chiede di voler bene al nostro tempo, ci richiede di non essere in attesa di qualcosa che verrà, di non attendere il proprio turno ma di agire adesso, nell’immediato. Essendo missionari, però dobbiamo anche avere cura delle persone che incrociamo nelle nostre vite, dobbiamo avere cura delle nostre parrocchie e dei nostri circoli. Queste sono le parole che ci dedica il presidente Truffelli e che noi porteremo sempre nei nostri cuori. Anzi, l’obiettivo per settembre sarà quello di portare dentro di noi questo bagaglio di esperienze acquisite durante il campo e metterlo in gioco per l’altro.