di Paola De Lena (per visualizzare l’articolo originale clicca qui)
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«Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?». Le parole del Salmo 8 che il Papa Benedetto XVI riporta nel XLIII Messaggio per la Giornata della Pace 2010 “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato” ci introducono nel vivo del tema che il Santo Padre ha scelto di affrontare: la salvaguardia del creato come condizione imprescindibile per la realizzazione della pace e un rapporto corretto ed equilibrato tra l’uomo e la natura, troppo spesso vittima di abusi e vessazioni. «Se, infatti, a causa della crudeltà dell’uomo sull’uomo», scrive il Papa, «numerose sono le minacce che incombono sulla pace e sull’autentico sviluppo umano integrale – guerre, conflitti internazionali e regionali, atti terroristici e violazioni dei diritti umani –, non meno preoccupanti sono le minacce originate dalla noncuranza – se non addirittura dall’abuso – nei confronti della terra e dei beni naturali che Dio ha elargito. Per tale motivo è indispensabile che l’umanità rinnovi e rafforzi quell’alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino».
Non è un caso che la voce del Papa si alzi chiara sul tema del rapporto uomo-ambiente proprio nei giorni in cui a Copenaghen i grandi della Terra stanno cercano di raggiungere un accordo post-Kyoto sul clima e sulle misure in grado di fermare il surriscaldamento globale. A tal proposito il Papa, riprendendo le parole del suo predecessore Giovanni Paolo II, parla di “crisi ecologica” e afferma: «Come rimanere indifferenti di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali?». Tutte questioni che, oltre a minare profondamente l’equilibrio della creazione, minacciano la vita di intere popolazioni generando i cosiddetti “profughi ambientali”, cioè persone costrette ad abbandonare il proprio Paese a causa del degrado dell’ambiente in cui vivono e, sempre più spesso, a causa di catastrofi naturali causate dal delirio di onnipotenza dell’uomo che non si sente custode della creazione, ma padre padrone.
È necessario, afferma Benedetto XVI riprendendo un tema espresso anche nella Caritas in Veritate, un cambiamento negli stili di vita e una «revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo» perché la situazione attuale è spesso conseguenza della «mancanza di progetti politici lungimiranti o del perseguimento di miopi interessi economici, che si trasformano in una seria minaccia per il creato». Da qui, il richiamo forte ad una nuova “solidarietà globale” che impegni tanto i singoli quanto gli Stati e assuma il volto di una «solidarietà inter-generazionale» e «intra-generazionale» in cui ci si prenda cura di ciò che si lascia in eredità ai posteri e in cui i Paesi più ricchi rafforzino la collaborazione con quelli in via di sviluppo. Proprio in questa direzione va il monito del Papa a considerare l’attuale crisi ecologica come una «storica opportunità per elaborare una risposta collettiva volta a convertire il modello di sviluppo globale in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e di uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori propri della carità nella verità».