Non è mai semplice, per un fucino, scrivere l’articolo d’esordio per un nuovo contesto, quando quest’articolo viene dedicato a una materia tanto cara alla F.U.C.I. come l’università.
Eppure non sarebbe stato possibile immaginare un modo migliore per cominciare la nostra collaborazione: soprattutto in questo particolare momento, in cui la questione educativa tiene banco a seguito delle ultime riforme, riteniamo opportuno che la F.U.C.I. di Nola offra un contributo al dibattito.
Non intendo soffermarmi troppo sul contenuto dell’ormai famigerato d.l. 133, già ampiamente analizzato e discusso, per altro, già dai vertici nazionali della nostra federazione; tuttavia sarebbe opportuno considerare talune peculiarità di questo intervento che meritano di essere sottolineate: pur essendo palese la necessità di ridurre gli sprechi spesso visibilissimi nelle università, desta perplessità che un intervento del genere sia affrontato in seno ad una riforma finanziaria, elaborata dal ministero dell’economia e delle finanze. Inoltre la scelta del decreto-legge per intervenire nel delicato campo della scuola, dell’università e della ricerca risulta particolarmente infelice, impedendo, di fatto, un serio confronto sul merito delle misure da adottare.
L’Università, porta d’ingresso al nostro futuro, non può essere riformata a colpi di decreti legge; sarebbe ben più auspicabile muoversi sulla base di una riflessione seria, scevra di qualsiasi pregiudizialità ideologica e capace di affrontare il problema nell’ottica di un coerente disegno pedagogico ben delineato nelle sue finalità.
Questo è il punto cruciale, più ancora del contenuto stesso del decreto: bisognerebbe agire nell’ottica di tale disegno pedagogico, possibilmente concertato, ponendosi seriamente il problema di affrontare alla radice la preoccupante emergenza educativa del nostro Paese: non si tratta solo di colmare dei gap nei confronti dei nostri coetanei europei, si tratta piuttosto di prendere atto della sostanziale inadeguatezza del sistema educativo nel rispondere alle esigenze della nostra società: innanzi all’esplosione del bullismo, al moltiplicarsi di episodi di violenza e razzismo, all’aumento del consumo di alcool e droga, alla tensione al vandalismo, all’assenza di rispetto per le istituzioni, tutti tratti tremendamente diffusi all’interno delle nuove e nuovissime generazioni, bisognerebbe rendersi conto della necessità di un dibattito ben più complesso e partecipato.
Se risulta doveroso, alla luce degli ultimi dibattiti, un’analisi su questi temi, credo sia egualmente opportuno soffermarsi sul modo di vivere l’università; meglio, credo sia opportuno riuscire a comunicare l’influenza che l’esperienza fucina può avere nel modo in cui i suoi soci vivono l’università stessa. Lo scopo dell’esperienza fucina è quello di creare cittadini consapevoli, che dall’impegno culturale, civile e sociale, oltre che dai principi di fede, ricavino gli strumenti necessari per diventare soggetti attivi del proprio futuro, protagonisti del mondo che verrà.
Un’esperienza del genere non può che condizionare l’approccio alla vita universitaria: è implicito corollario delle considerazioni fatte che la visione di un’università vissuta come un esamificio, o addirittura un luogo nel quale restare passivamente parcheggiati per anni aspettando che il destino ci presenti il futuro è del tutto estranea allo spirito che anima la F.U.C.I.
L’Università dovrebbe essere un’esperienza formativa da vivere pienamente, non intendendola come un luogo ove accumulare soltanto nozioni necessarie allo svolgimento di una professione, bensì una parentesi temporale propedeutica a un completamento personale, come individui prima ancora che come professionisti, che permetta allo studente di finire i suoi studi e di esordire nel mondo “dei grandi” con piena consapevolezza; un’opportunità di crescita che, per essere vissuta appieno, richiede certamente passione e amore per lo studio, ma anche uno spirito attento, ricettivo e critico nei confronti del mondo circostante.
Forse è questo che le Università dovrebbero essere, in un Paese ideale: una sorta di “condizione dello spirito” in cui i sogni indefiniti del giovane studente comincino a trasfigurarsi tramite l’impegno quotidiano in veri e propri progetti adulti.
Franco Nappi, F.U.C.I. di Nola