La “Commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme” che caratterizza questa domenica trova la sua origine in ciò che avveniva a Gerusalemme al tempo di Egèria, una pellegrina vissuta attorno al IV sec. Nel suo Diario di viaggio lei racconta: «Quando inizia l’ora undecima, si legge il passo del Vangelo in cui si racconta che i bambini con rami e palme andarono incontro al Signore dicendo “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. E subito il vescovo si alza e con lui tutto il popolo e allora dalla sommità del monte degli Ulivi ci si muove, tutti a piedi…dalla sommità del monte fino alla città e di là fino all’Anastasis, attraverso tutta la città, tutti, sempre a piedi, accompagnano il vescovo dicendo i responsori». L’antifona d’ingresso, aprendo la celebrazione, ci rimanda al racconto dei vangeli sinottici che riportano l’acclamazione del popolo nell’accompagnare l’ingresso di Gesù nella Città santa: «Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore». La processione che si avvia dopo la benedizione dei rami e la proclamazione del Vangelo, orienta l’assemblea liturgica sulle orme della folla che acclamava Gesù così come testimonia il Vangelo di Matteo proclamato in questa domenica. Ma per i cristiani il rito della benedizione dei rami e la processione stessa assumono un carattere più profondo nel momento in cui diventa disponibilità ad accettare nella propria vita la strada della croce percorsa da Gesù per poter giungere con lui alla gloria: una strada vissuta però in comunione con i fratelli.
La Colletta che apre la celebrazione eucaristica chiede a Dio: «Fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione per poter partecipare alla gloria della risurrezione». Il «grande insegnamento» a cui fa riferimento la preghiera aiuta a cogliere il senso profondo tra il momento della “Commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme” e la celebrazione eucaristica. L’Eucaristia, infatti, non solo presenta al credente il Mistero che raccoglie il cammino di Gesù dalla croce alla risurrezione, ma fa entrare nello stesso cammino, lo comunica al credente perché la sua vita si lasci illuminare dal «grande insegnamento» di Cristo. La croce, l’umiliazione che seguirà l’acclamazione degli abitanti di Gerusalemme, è un passaggio obbligato: bisogna passare per la Croce per giungere alla gloria e perfezione della risurrezione, l’amore vince perdendo, è questa la verità che ogni cristiano guardando alla vicenda storica di Cristo deve accogliere nella propria vita. Anche Matteo, conformemente alla prospettiva del suo vangelo, insiste più degli altri evangelisti sull’adempimento delle Scritture per indicare che la passione rientra necessariamente nel disegno salvifico di Dio.
«Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso». In queste parole del profeta Isaia, che risuonano nella Liturgia della Parola, ogni credente può misurare il proprio cammino di fede, ma soprattutto può verificare il profondo rapporto tra il cammino di Cristo e il suo cammino. La paura della morte, il peso della sofferenza, l’angoscia per le prove della vita, possono trovare un senso solo nella Passione di Gesù. Lo esprime molto bene l’orazione dopo la comunione, che rivolgendosi al Padre, riconosce come: «con la morte del tuo Figlio, ci fai sperare nei beni in cui crediamo», e invoca «fa’che possiamo giungere alla meta della nostra speranza».Entriamo dunque nel silenzio di questa liturgia, un silenzio più profondo della molteplicità di voci che sempre ci circonda, anzi, ci abita. Contempliamo il Figlio dell’uomo, Signore glorioso, per noi umiliato, schernito, percosso. Guardiamo al Figlio di Dio, che non è sceso dalla croce cercando di salvare se stesso, ma ad essa è rimasto unito, conficcato, salvando tutti noi. Fedele al disegno del Padre, fedele all’amore per l’uomo, ha preso su di sé l’estremo abbandono dovuto al peccato, perché noi, liberati, potessimo gustare la gioia della comunione con Dio. Si scuota la terra della nostra consueta indifferenza, si spezzino le rocce dei cuori induriti. La grazia della passione di Cristo oggi ci è offerta. Nel nome di Gesù pieghiamo anche noi le ginocchia e in silenzio, umilmente, deponiamo il nostro peccato ai piedi della sua croce gloriosa, della sua croce d’amore.
don Vito Cucca