Il vecchio e il nuovo

Cosa è il grillismo… Beppe Grillo è stato un grande comico sui generis, in realtà un eccellente osservatore dei sistemi di potere del nostro Paese e un grandissimo fustigatore dei malcostumi politici. Di più: è andato, come e meglio dei giornalisti, a cercare le verità nascoste, specie su tematiche ambientali ed economiche caldissime. E molte delle cose che ha detto non sono sconfessabili.

Isolato dalla tv, ha avuto la capacità di riemergere nei cuori delle persone attraverso un blog famosissimo e visitatissimo, tra i più frequentati e commentati al mondo. Il suo V-day, il “Vaffanculo-day” svoltosi l’8 settembre, è stato un evento nazionale e non solo. In tante piazze c’erano migliaia di persone che volevano mandare a quel paese la nostra classe dirigente. Senza se e senza ma. Da Bologna Grillo in persona ha fatto due proposte:

  • mettere un limite di mandati ai parlamentari (dopo due giri te ne torni alla vita normale…)
  • escludere le persone che hanno ricevuto condanne in terzo grado per reati penali, amministrativi e civili dolosi

Questa seconda proposta, in particolare, Grillo l’ha circostanziata con un listone di onorevoli e senatori che hanno conti da pagare con la giustizia … bancarottari, corrotti, corruttori … di tutto un po’. Intorno a queste proposte si sono create dei “meet-up”, dei punti d’incontro di gente che si rivede in queste idee. Grillo invita i meet-up a presentare delle liste civiche alle amministrative, alle quali darà il suo “bollino di garanzia”. Per molti, questa idea equivale a scendere in politica.

Intorno a questi fatti si sono scatenate tantissime polemiche. Tra i partiti, solo Di Pietro, ex giudice di Mani pulite, ha appoggiato il comico in tutto e per tutto, ritenendolo il continuatore morale di “Tangentopoli”. Poi qualche pezzo della sinistra radicale ha espresso delle simpatie, ma non troppe. Il resto, invece, in particolare i più bersagliati da Grillo, i centristi, Mastella in primis, ha tacciato le sue azioni di “antipolitica”. Cosa significa? In sostanza, coloro che la politica la fanno già ritengono che Grillo abbia l’unica intenzione di svilirne e sminuirne il valore, di toglierle autorevolezza, di giocare con i sentimenti di rabbia della gente. Ritengono che non abbia voglia di costruire, ma solo di distruggere, criticare, buttare giù il sistema, ma senza fare niente di concreto per migliorarlo. Grillo, per loro, fa “demagogia”, mette la gente contro la classe dirigente usando slogan e idee facili, che fanno presa. In realtà tanti studiosi, nell’affrontare l’antipolitica, sono arrivati alla semplice conclusione che essa, in realtà, non è altro che un prodotto della stessa politica. Ma lasciamo stare. È filosofia fine a se stessa.

Questi i fatti. Ora qualche commento, di natura, ovviamente, personale.

Il “fenomeno” Grillo. Solo la superficialità può associare a Beppe Grillo l’etichetta di fenomeno. Bisogna essere davvero degli sprovveduti per usare questa terminologia. Per “fenomeno” si intende sempre qualcosa che emerge in modo spettacolare, improvviso, che cavalca un’onda emotiva, che imita per certi versi l’andamento fluttuante della moda, e che, volente o nolente, passerà. Molte di queste definizioni di “fenomeno”, forse, alla lunga, potranno essere appioppate anche al “grillismo”. O forse no. Non lo sappiamo di certo, non lo può sapere nessuno (nonostante in questi giorni si faccia a gara nelle previsioni). Ma di certo su un aspetto si sbaglia a definire Grillo “fenomeno”, ed è quello dell’emergere improvviso di quanto lui rappresenti. No, non c’è niente di improvviso in quanto accaduto in questi giorni. Proprio niente. Ciò che l’ex comico genovese ha fatto, detto, urlato, chiesto, organizzato … non è altro che quanto i 60enni vissuti, i 50enni realisti, i 40enni incazzati, i 30enni incazzatissimi e i 20enni imbufaliti/distanti pensano ogni giorno. “Questa politica è troppo uno schifo”. “Basta”. “Andate via”. “Siete dei ladroni”.

I privilegi ci stanno sotto gli occhi, li subiamo tutti i giorni, solo i ciechi non li vedono. Ne siamo tutti esasperati. Esasperati da chiacchiere vuote, polemiche, poltrone, soldi a sbafo, mega-consulenze, clientele. “La casta”, il libro dell’estate, del resto, è lettissimo proprio perché cerchiamo conferme a quanto già pensiamo, e non perché cerchiamo nuove news. Ogni pagina una conferma, ogni pagina un ghigno disgustato, ogni pagina una ruga, ogni pagina a pugni stretti.

Si può ben pensare di rinchiudere presto Grillo nelle categorie politiche consuete. Si può ben pensare che alla lunga, anche lui, possa diventare emblema del potere che combatte. In realtà il futuro politico/non politico di Grillo non mi appassiona più di tanto. È bene restare ancorati all’idea di non costruirsi miti sulla terra. Ma a ciò che è emerso in questi giorni, cosa si risponde? Mi pare che in troppi stiano facendo i furbetti. Tutti polemizzano con Grillo. Ma chi risponde alla gente che non crea “antipolitica”, ma che realmente è anni luce lontana da questa classe dirigente. Che non la stima, che non gli crede. Cosa dicono i politici ai cittadini che non credono in loro? Davvero pensano che siano pochi quelli che non credono in ciò che loro fanno? Nel come lo fanno? Sono tanti, invece, e li vediamo nella nostra ordinarietà. Se si leggono i blog di questi giorni, e non solo quelli di Grillo, dei politici e di pochi altri, si vede chiaramente che la gente ha preso fiato e sta sputando cose che aveva in corpo da tanto tempo.

Grillo, dunque, come sintesi dei mal di pancia della gente. Però, c’è un però… Il grillismo ha senso di esistere in un sistema politico malato. Emerge come conseguenza, e non come “fenomeno”, di una politica che non fa più politica. Tuttavia, con Grillo si guarda in una sola direzione. Se è vero che c’è bisogno talvolta di sacrosante rotture, è vero pure che ogni fase politica declinante necessita di momenti di analisi più obiettivi. C’è un tessuto sociale che prescinde da chi gestisce il potere. Ci sono associazioni culturali, sociali, laiche o religiose, ci sono sezioni di partito che stanno sui territori, osservatori. Ci sono opere meritorie, ci sono persone valide, sindaci bravi. Perché i 60enni vissuti, i 50enni realisti, i 40enni incazzati, i 30enni incazzatissimi e i 20enni imbufaliti/distanti non si sono mai fatti attrarre da quanto già concretamente esiste? Perché non hanno mai invaso la sezione del loro partito, del loro sindacato, di una associazione di cui condividono i fini, per dire “Ora dico la mia?”.

È questo quello che non riesco a capire. Questo bisogno del leader laddove, invece, ci sono esempi ed esempi di vita vissuta. Laddove ci sono persone di grande idealità pronte a stare con te nella vita sociale. Il fatto è che il grillismo si nutre dello stesso ambiente mediale di cui si nutre la politica malata. E oggi le opinioni si realizzano in questo ambiente mediale, staccandosi pericolosamente dalla vita reale. Di questo diffido. Del mito e dell’ambiente mediale in cui si sviluppa e prende forma. Non vorrei che questo evento fosse l’ennesima riprova del fatto che noi italiani abbiamo bisogno sempre del capopopolo, di chi si mette avanti, di chi parla per noi. Rifiutando a prescindere la cooperazione all’interno di forme partecipate concrete, in cui il pensiero va costruito e non assorbito. Ci sono tante istanze utili in questo “fenomeno”, ma il processo non riesco a condividerlo, mi sembra fuori dai criteri che aiutano poi nel concreto una società a superarsi. Certo ci sono i meet-up, che in se e per se mi sembrano un’ottima cosa, un arricchimento per tutti. Ma il “bollino”, le parole d’ordine, il mito del leader… no, non mi piacciono, non servono. Men che mai l’aggressione, la derisione, il tiro al bersaglio con il “nemico”. Questa, poi, è una nota di forma e di stile che non mi sembra proprio trascurabile.

Alla fine, dunque, politica o antipolitica? La politica è un esercizio di carità insostituibile. L’antipolitica nasce quando la politica è altro da se stessa. Quando diventa una sorta di agiata autoimprenditorialità. Urge ricambio generazionale, dice il Forum nazionale dei giovani. Urge effettivamente un cambio di rotta deciso della nostra classe dirigente. Noi precarizziamo le nostre esistenze, non stiamo bene, ci arrabbiamo di mille disservizi e mille inefficienze, la classe dirigente non può continuare a gestire il potere come se questo non stesse accadendo. E allora, occorre mettere in campo tutti gli strumenti di partecipazione che abbiamo a disposizione. I meet-up? Benissimo! Ma anche tutti gli altri, quelli vecchi e quelli nuovi, dai partiti a quanto mette a disposizione la società civile. Perché questi nobili strumenti hanno fatto un Paese, un Paese in cui anche Grillo può scendere in piazza e proporsi a tutti. Fino alla scesa in campo diretta, sulla base di una buona formazione politica. Non è Grillo la soluzione ai mali dell’Italia, né i meet-up. Come al solito siamo noi, nella nostra capacità di far nuove tutte le cose.

Possiamo dialogare insieme su questo argomento attraverso il forum dell’Ac

Marco Iasevoli